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Un nuovo presidente per l’Italia

by Cristiano Gianolla, 23 April, 2013.

Napolitano parla commosso alle camere riunite durante la sua cerimonia di giuramento. É il “nuovo” Presidente della Repubblica che i rappresentanti del popolo Italiano hanno eletto sabato 20 Aprile 2013 alla sesta votazione. Mentre parla viene interrotto da scroscianti applausi degli stessi rappresentanti di camera e senato. Lo applaudono mentre Napolitano li accusa di “sordità” davanti alla sua insistenza sulla necessità di uscire dalla crisi politica attuale. Lo applaudono come se l’impasse attuale fosse solo frutto della irresponsabilità e dell’indecisione degli altri partiti politici. Lo applaudono non sentendosi parte di un parlamento ma solo di tanti partiti de-responsabilizzati. Una sorta di sordità rumorosa che scuote chi cerca di capire quale sia la via che il parlamento, nel suo congiunto, possa intraprendere per dar vita ad un governo dell paese.
Se la questione lasciata aperta dai risultati dalle elezioni del 24-25 Febbraio era quella fra stabilità e cambiamento, la prima, storica, rielezione del Presidente della Repubblica offre una risposta conservatrice e non necessariamente volta alla stabilità. Non si tratta infatti della rielezione di un uomo che a 88 anni da tempo si era defilato da ogni prospettiva di ricandidarsi. Si tratta piuttosto di una incapacità di trovare alternative ad una stabilità che non può essere più come la si intendeva, ovvero artificialmente basata sulla volontà dei partiti. Questo è dovuto al fatto che il sistema partitico italiano sia in transizione. I partiti erano sempre stati in grado di trovare una risposta corale a sfide di questo tipo. Stavolta no, qualcosa è già cambiato, i partiti hanno fallito nella loro capacità di accordarsi ed hanno tentennato all’indietro insistendo con Napolitano affinché accettasse di rimanere.
La stabilità di cui ha bisogno ora il paese, e l’Europa, viene solo se i partiti trovano conformità con la volontà popolare. La conferma di Napolitano infatti è una prova che quella vecchia stabilità non è più possibile e che non riuscendo a trovare un presidente che la possa garantire si è preferito un inedito immobilismo. Questo immobilismo però non porta stabilità ma irretimento davanti al dinamismo della società italiana. Quindi la governabilità è solo illusoria.
Il M5S ha proposto con perseveranza il nome di Rodotà, una persona che rappresentava un cambiamento paradigmatico perché non corrisponde ai criteri della vecchia politica e che apriva al cambiamento. SEL si è mostrato lungimirante appoggiando, benché tentennando, questa prospettiva. La dirigenza uscente del PD ha invece pagato soprattutto il prezzo di non essere stata in grado di prendere una posizione concreta a riguardo. Inoltre il PD paga cara la sua incapacità di esprimere un consenso unitario e basato sul cambiamento che dal basso gli veniva chiesto. Si è spaccato davanti alla possibilità di giocare davvero un ruolo riformista ed è rimasto vincolato alla forma cristallizzata di una politica che è già da tempo in forte declino. Il PDL esulta della sua capacità di rimanere incolume ed influente mentre avrebbe potuto essere indebolito ed ignorato in una decisione così importante. Il risultato è una forte instabilità politica che difficilmente risulterà in una governabilità di alto calibro. Ciò di cui si ha bisogno è la governabilità basata sulla volontà che viene dal basso, dal popolo.
Napolitano ha confermato che la governabilità ora possibile è di basso calibro affermando che se la sordità dei partiti politici dovesse continuare ne trarrà le conseguenze davanti al paese. Ma ha contemporaneamente stigmatizzato la contrapposizione fra parlamento e piazza. Tuttavia, finché il parlamento non sarà in grado di rappresentare la piazza è impensabile che questa contrapposizione non emerga. Così anche la contrapposizione fra rete e partiti è semplicemente l’ineludibile segnale che il cambiamento sia l’unica alternativa, e che una instabile governabilità non rappresenti di certo la via d’uscita.
Nel suo discorso inaugurale Napolitano ha infine sottolineato come in Europa molti paesi siano governati da coalizioni e che in alcuni casi queste fossero impensabili storicamente. Indica in questo modo la forma per uscire dallo stallo politico: PD e PDL uniti per dare direttive chiare al paese. Ma se quei partiti sono sordi alle necessità della piazza come possono garantire stabilità? Possono farlo a costo del disgusto sociale e a scapito del rinnovamento radicale necessario. Ed una governabilità siffatta, senza l’appoggio dei governati, non ci conduce ad un feticcio di democrazia? E quanto può durare prima che la piazza reclami di entrare in parlamento?

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