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Italia: La cuoca di Lenin ha preso il dottorato

Molto si discute a sinistra del documento con il quale Fabrizio Barca, ex ministro del governo Monti e bravo economista, ha messo a fuoco la necessità, ai fini del buon governo, di partiti rinnovati all’insegna di quello che lui chiama lo “sperimentalismo democratico”.

Il Blog de Giuliano Amato
18 Jun 2013

Coloro che seguono questo mio blog e che per questo hanno letto quanto sono venuto scrivendo sui partiti, troveranno molte analogie fra le mie tesi sui partiti e lo sperimentalismo democratico di Barca. Pensiamo entrambi che la vita di una democrazia non è soltanto nelle primarie, nella partecipazione cioè dei cittadini alla scelta e quindi all’elezione dei leader politici. Essa deve continuare in vista degli indirizzi e delle scelte che i leader faranno propri e che dovrebbero formarsi non all’oscuro dei cittadini, ma in una perdurante interazione con loro. Non è forse questo ciò che la Costituzione si aspettava e si aspetta dai partiti, quando scrive, all’art.49, che attraverso di essi i cittadini “concorrono alla determinazione delle politiche nazionali”? Concorrere alla determinazione delle politiche non è eleggere coloro che le verranno facendo, è interagire con loro quando le maturano e poi le trasformano in decisioni operanti su tutti. Ed è stata proprio la carenza di questa interazione ciò che ha reso asfittica la nostra democrazia, ha fatto crescere risentimenti e malumori e ha alimentato, insieme alla protesta, la disistima e la ostilità nei confronti di “caste” impermeabili alla “società civile” e lontane dalle sue esigenze.

Lo sperimentalismo democratico di Barca si colloca in questo vuoto ed è quindi una rinnovata e vigorosa proposta di democrazia partecipativa, intendendo giustamente quest’ultima non come un’alternativa a quella rappresentativa, ma come una sua irrinunciabile componente. Nella proposta c’è tuttavia qualcosa di più di quanto si legge in quanto era stato scritto sino ad ora al riguardo e di sicuro di più di quanto io stesso ho scritto. Ciò che Barca mette in luce, infatti, non è soltanto quella elementare esigenza del buon governo che è il far maturare le risposte ai bisogni dei cittadini attraverso un confronto diretto con le loro domande. No, c’è di più, perché in un tempo di conoscenze diffuse e di specialismi costruiti sull’esperienza sono molto spesso i cittadini a possedere il know how, o pezzi del know how, che serve a formulare le risposte. E quindi i governanti che si sottraggono allo sperimentalismo democratico e non si organizzano in modo da consentire ai cittadini di concorrere alla determinazione delle politiche nazionali, non solo possono avere una percezione inadeguata delle esigenze a cui rispondere, ma anche una conoscenza inadeguata degli elementi sui quali vanno costruite le loro risposte.

Ai tempi della fabbrica fordista –nota giustamente Barca- i capi pensavano all’organizzazione del lavoro e gli operai stavano alla catena di montaggio , passando la giornata a stringere in modo eguale viti tutte eguali, come faceva Charlot nel film “Tempi moderni”. Nella fabbrica post fordista, dell’organizzazione sono diventati partecipi tutti, attraverso le funzioni non più manuali ma di controllo che ciascuno esercita sul macchinario o il computer con il quale lavora. Ecco, anche la democrazia è diventata post fordista e anche in essa le conoscenze diffuse diventano bagaglio essenziale di governo.

Sarebbe troppo dire che ciò riguarda davvero tutti quanti, che tutti noi abbiamo conoscenze essenziali a governare e che nessuno di noi ha solo e soltanto domande da porre a chi governa. Ma poco importa ai fini dello sperimentalismo democratico, che ha da essere eguale a se stesso in tutte le sue manifestazioni e che serve comunque a far vivere la democrazia, sia che raccolga le nostre domande, sia che ci permetta di offrire, quando li abbiamo, gli elementi conoscitivi per le risposte.

Un fatto è certo. La cuoca di Lenin, sia rimasta o meno in cucina, potrebbe avere ormai un dottorato. Nel qual caso c’è molto che anche Lenin potrebbe imparare da lei.

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